Si fa presto a dire “cibo made in Italy”. In realtà, stando ad alcune rilevazioni, trovare degli alimenti che siano realmente “italiani” è una vera e propria impresa, visto e considerato che – sostiene uno studio condotto dal gruppo di ricerca di Colino Khoury, dell’International Center for Tropical Agriculture americano – in ogni Paese più di due terzi delle derrate alimentari che vengono utilizzate e coltivate, sarebbe in realtà originaria di altre aree geografiche. In altri termini, il cibo che ogni giorno ingeriamo è sempre più globalizzato, e sempre meno in grado di essere riconducibile a una specifica area territoriale.
I ricercatori – i cui risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Proceedings of the Royal Society B. – hanno analizzato le origini di 151 derrate alimentari differenti, suddividendole in 23 diverse regioni geografiche, ed esaminando poi le statistiche nazionali sulla dieta e sulla produzione di cibo in 177 Paesi, corrispondenti a quasi il 100% (il 98,5%) della popolazione mondiale, e, di conseguenza, cercando di delineare la provenienza esatta di ogni alimento.
Ebbene, dallo studio sarebbe emerso che, mediamente, il 69 per cento delle derrate alimentari che vengono consumate e prodotte in un Paese, sarebbe in realtà originario di un’altra area geografica, per una cifra che sarebbe oltretutto aumentata del 6% nel corso degli ultimi 50 anni, a riprova di una maggiore omogeneizzazione delle diete. A giocare un ruolo fondamentale in tal senso, anche la crescente tendenza a “migrare” e sperimentare altri regimi alimentari esterni al proprio, con la conseguenza di dar seguito a un vero e proprio mix alimentare, che fa smarrire il patrimonio alimentare originario.