Quando manca poco all’avvio di un vertice Opec tanto atteso quanto – forse – inutile, il petrolio sembra essere in grado di consolidare la propria posizione intorno all’area dei 50 dollari al barile. Un consolidamento probabilmente temporaneo (la maggior parte degli analisti è convinti che poi si ritornerà su livelli inferiori, probabilmente intorno alla fascia di 40-45 dollari) ma pur sempre in grado di infondere un pò di fiducia a un mercato che a inizio anno ha visto il precipizio del greggio con particolare preoccupazione.
Ad ogni modo, anche il petrolio dovesse ritracciare almeno parzialmente, non sembrano esserci particolari timori. L’importante è invece che abbia potuto recuperare quasi il 90 per cento rispetto ai minimi toccati a gennaio, quando raggiunse il punto più basso degli ultimi 12 anni, e quando la sua discesa al di sotto della soglia dei 30 dollari al barile aveva fatto sbilanciare qualche analista su proiezioni molto negative (secondo uno studio condotto da Goldman Sachs, ad esempio, il petrolio avrebbe potuto puntare anche a quota 20 dollari).
Insomma, sebbene oggi il petrolio così circa la metà di quanto non costasse durante l’estate di due anni fa, gli attuali livelli sembrano essere sufficienti per rassicurare almeno una parte dei produttori di greggio, senza urtare eccessivamente le tasche dei consumatori.
Il dubbio a questo punto è lecito: cosa accadrà nei prossimi mesi? Difficilmente una semplice toccata e fuga intorno a quota 50 dollari riuscirà a rasserenare il clima di mercato. Più probabilmente, bisognerà attendere ancora qualche settimana (e l’esito del vertice Opec) per poterne sapere di più, e sbilanciarsi maggiormente sul futuro dell’oro nero…