Non tutti sanno che ad inventare Bitcoin è stato un programmatore chiamato Satoshi Nakamoto, la cui identità non è ancora nota. Satoshi ha affermato di essere un giapponese e di essere nato il 5 aprile 1975. Tuttavia, nulla è certo dell’origine di questo sistema, contribuendo così ad accrescere di maggiore mistero la storia di questa criptovaluta.
Ad ogni modo, l’anonimato di Satoshi non è mai stato davvero un grosso problema, perché Bitcoin (e le altre criptovalute) dovrebbero essere open source e decentralizzate, prive di qualsiasi influenza da parte delle autorità di riferimento.
Di fatti, secondo lo stesso sito del progetto, Bitcoin.org, nessuna persona o entità “possiede la rete Bitcoin, così come nessuno possiede la tecnologia”. Ne deriva che sono gli utenti Bitcoin di tutto il mondo a controllare Bitcoin, con il team di sviluppatori che migliora il software e con i forkers che apportano cambiamenti radicali. Tuttavia, l’idea principale dietro il protocollo di Bitcoin non può essere cambiata.
Quasi dieci anni dopo che Satoshi ha pubblicato il white paper di Bitcoin, il valore di mercato di Bitcoin è salito fino a 320 miliardi di dollari alla fine del 2017. Insomma, se avessi investito 100 euro per comprare un Bitcoin nel 2011, avresti avuto un Bitcoin del valore di 20.000 dollari alla fine del 2017.
Certo, è anche vero che poi le quotazioni di Bitcoin sono precipitate, con il 2018 che ha rappresentato un anno molto difficile per la criptovaluta più nota e importante del mondo, a conferma della straordinaria volatilità di questo comparto.
Ad oggi, nonostante sempre più operatori accettino Bitcoin come strumento di pagamento, la maggior parte delle operazioni che sono compiute su tale asset sono di natura prevalentemente speculativa, a titolo di investimento. Molto rimane da fare, pertanto, per rendere Bitcoin l’equivalente del ruolo “moneta di Internet” che molti ritengono sia in grado di coprire.